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12 febbraio 2019: incontro con AIDO

Lecco, Collegio Arcivescovile Volta

PAUSA DIDATTICA: DIARIO GIORNO 2

Durante il secondo giorno di pausa didattica gli alunni hanno incontrato A.I.D.O. – Associazione Italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule 

Durante la mattinata del secondo giorno di pausa didattica abbiamo avuto il piacere di ospitare il Dr. Giacomo Colombo, la D.ssa Alice Noseda e il sig. Alberto di A.I.D.O.Associazione Italiana Donatori Organi – che in modi diversi ci hanno coinvolto in una riflessione a tutto il campo sul tema.

Il Dr. Colombo ci ha ricordato che tutto è cominciato con un intervento salvavita in un ospedale di Città del Capo: era il 1969, il primo trapianto di cuore. Il trapiantato visse 18 giorni. Lo si considerò un successo! Se oggi un trapiantato vivesse solo 18 giorni dopo l’intervento, lo considereremmo un fallimento. Perché ormai i trapiantati di cuore hanno le stesse possibilità di vita di una persona sana. Le cose sono davvero cambiate in meglio.

Non solo perché la scienza e la tecnica medica in questo campo ha fatto passi da gigante, ma anche perché c’è stato chi ha voluto supportare la scienza medica con un’idea semplice: risolvere il bisogno di organi per interventi di trapianto diffondendo una cultura del dono, quella del proprio corpo, a fine vita. Per questo è nata l’AIDO.

IL TRAPIANTO: UN DONO CHE UNISCE PER SEMPRE DUE PERSONE

Un filmato molto toccante ci ha raccontato cosa succede quando una persona che ha assolutamente bisogno di un organo ha la fortuna di poter disporre del dono di fine vita di un donatore; che si tratti di cornee, fegato, reni, cuore, pancreas… si tratta di un dono che unisce per sempre due persone, in modo unico, libero, del tutto gratuito.

Per conoscere meglio questa realtà ci è stato spigato cosa sia il trapianto, quali organi possano essere trapiantati, quali questioni mediche, etiche, giuridiche, organizzative, si correlino a questo scambio. Quali complicazioni possano insorgere dal punto di vista medico, psicologico, ma anche quali criteri di priorità siano previsti nella gestione delle liste d’attesa, anche in base alla patologia. E ancora quali statistiche documentino e possono aiutarci a leggere questo mondo dove sofferenza e speranza si incontrano e infine quante persone siano al lavoro in un ospedale anche solo per un semplice e unico intervento di espianto e trapianto.

Ciò che in questo insieme di dati e informazioni colpisce è il numero che segnala il divario tra gli italiani disposti al dono, e quelli che neppure accettano di considerarne la possibilità: a volte è la fatica e la sofferenza del lutto, nella maggior parte dei casi la paura e l’ignoranza sulle forme previste di accertamento della morte cerebrale, come pure forme di pietà verso il corpo del compianto, sono queste le ragioni prevalenti dell’indisponibilità.

Mentre ci si raccontava di questi aspetti, in modo inatteso ci siamo trovati a fare i conti con le dimensioni profonde che questi discorsi muovono, anche dentro di noi. All’inizio dell’incontro eravamo forse un po’ distanti e distratti, poi via via ci siam trovati più presi, fino a scoprire che avevamo domande importanti e con poche risposte: sul tema del fine vita, del dono di sé, del coraggio di vivere sempre e comunque e in fondo al cuore emozioni, soprattutto paure.

Tu lo faresti, accetteresti di donare a fine vita il corpo che sei?

LA TESTIMONIANZA DI ALBERTO

L’ultima persona che ci ha parlato, Alberto, ha davvero commosso e ha lasciato il segno, intercettando con la sua storia tanti vissuti profondi.

Si è presentato come uno sportivo, che tanti anni fa, inaspettatamente, ha scoperto di avere un problema cardiaco. Dopo le prime visite per accertamenti, la diagnosi è stata durissima: cuore con una funzionalità ridotta al 15%, impossibile proseguire con una vita normale.

Come si reagisce ad una situazione del genere? Alberto ce lo ha chiesto, lasciandoci per un po’ in silenzio, prima di raccontarci come lui ha reagito.

“Si tratta di imparare ad accettarsi per quel che si è, con i propri limiti”. E poi, senza abbattersi, “si comincia a lottare, per la vita”.
Una serie di brevi episodi, di densi vissuti, uno più emozionante dell’altro, quelli che si mettono in file per raccontarsi agli amici, ci è piovuta addosso, rivelandoci come Alberto è stato capace di trasformare la sua più profonda fragilità, in una grande, grandissima forza. Con l’aiuto di chi gli è stato accanto, e soprattutto di chi gli ha fatto dono di un cuore nuovo.

Di fronte alle difficoltà che a volte incontriamo nelle nostre giornate, agli intoppi di una vita per colpa dei quali si rischia di diventare rinunciatari, scoprire che si può “voler vivere sempre a partire da quel che si è” anche se le cure previste cominciano a non bastare, un defibrillatore impiantato a non funzionare, la necessità di un trapianto ad essere l’unica soluzione possibile ci obbliga a rivedere molte cose di noi.

E perché no, a prendere molto sul serio l’idea che il dono di sé sia la scelta più autentica per donare vita, sentirsi vivi, tornare a vivere.

PER INFORMAZIONI

Per iscriversi inviare una mail a segreteria@collegiovolta.it
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